L’inizio dell’attività Resistenziale all’Università di Padova (di Giorgio Bocca)

“La Resistenza veneta è guidata da tre professori universitari: Silvio Trentin rientrato clandestinamente dall’esilio francese, Concetto Marchesi, Egidio Meneghetti: l’antica università padovana non mancherà la dichiarazione di guerra al nazifascismo. Bisogna però attendere che si apra l’anno accademico. Così fino a novembre (1943, ndr.) il mondo universitario combatte il fascismo nelle città e nelle campagne, i professori partecipano ai convegni della cospirazione, gli assistenti Pighin, Carli, Zancan percorrono il Veneto per organizzarla; e il CLN tiene le sue sedute proprio nel palazzo Pappafava dove ha posto la sua sede il ministero dell’Educazione nazionale repubblichino. La battaglia nella scuola si accende alla data fissata. Il 9 di novembre il rettore Concetto Marchesi apre l’anno accademico con un primo inequivocabile gesto di ostilità al nazifascismo: dal suo ufficio non è partito alcun invito alle autorità per assistere alla cerimonia. Ci vengono in forma “privata”il ministro Biggini e il prefetto Fumei. Il fascismo padovano cade in un grossolano errore, manda nell’aula una squadra di giovani armati che salgono sul palco proprio mentre entra il rettore magnifico seguito dal professor Meneghetti. I due docenti si gettano d’impulso contro i fascisti mentre l’adunanza degli studenti urla “Via gli armati!”. Gli intrusi sono costretti ad allontanarsi e il rettore pronuncia la memorabile allocuzione, l’atto di fede nella libera università: “Qua dentro si raduna ciò che distruggere non si può”. Marchesi esalta nel mondo del lavoro una civiltà opposta alla nazifascista e dichiara aperto l’anno accademico nel nome “dei lavoratori, degli artisti, e degli scienziati”. Il 28 novembre il rettore deve rassegnare le dimissioni e trasferirsi sotto falso nome a Milano; ma lascia un nobile messaggio agli studenti:

“Oggi non è più possibile sperare che l’Università resti asilo indisturbato di libere coscienze operose, mentre lo straniero preme alle porte dei nostri istituti e l’ordine di un governo, che per la defezione di un vecchio complice ardisce chiamarsi repubblicano, vorrebbe convertire la gioventù universitaria in una milizia di mercenari e di sgherri massacratori. […] Una generazione di uomini ha distrutto la vostra giovinezza e la vostra patria; vi ha gettato tra cumuli di rovine. Voi dovete tra quelle rovine portare la luce di una fede, l’impeto dell’azione e ricomporre la giovinezza e la patria. Traditi dalla frode, dalla violenza, dalla ignavia, dalla servilità criminosa, voi, insieme con la gioventù operaia e contadina, dovete rifare la storia dell’Italia e costituire il popolo”.”

(da Giorgio Bocca, “Storia dell’Italia partigiana”, Feltrinelli)

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