Verbale interrogatorio. L’anno 1946 il giorno 29 del mese di giugno in Padova Avanti di Noi Dott. Cav. Luigi Burato Giudice Istruttore Tribunale di Padova assistiti dal sottoscritto cancelliere è comparso Di Velo Ascanio già qualificato in atti. Int. Risp. Mio difensore l’avv. Alleva. All’arresto dello Zurlo io non ho partecipato. Il giorno in cui questo avvenne, mi trovavo a Vicenza assieme al Segato. Giunti a Padova ebbi l’ordine da un militare tedesco di recarmi a Cittadella colla 1100 Fiat perché vi era del materiale da caricare. Giunto a Cittadella alle ore 19.30 vi trovai presso l’Horstkommandantur lo Zurlo già arrestato da parte della Polizia Tedesca di Teolo. Per ordine di costoro attesi e poi li seguii con la mia macchina fin presso la casa dello Zurlo, ove trovammo la moglie e il fratello anzi la prima giunse poco dopo in bicicletta. Mi fu dato di sorvegliare il fratello dello Zurlo nella stalla, mentre i tedeschi assieme allo Zurlo, scavavano non so dove vicino alla casa, rinvenendo due fucili militari, uno da caccia, alcune bombe e munizioni varie. Seppi che nel pomeriggio stesso era stata eseguita una perqsuizione, enzi questo lo disse la moglie dello Zurlo a Cittadella dopo il mio arresto. I tedeschi si presero in macchina lo Zurlo, caricarono le armi suddette e mi licenziarono. Tornai a Cittadella dal Mazzon a riprendere il mio cane che avevo lasciato. Una settimana dopo richiesto dal Mazzon a sua volta sollecitato dalla moglie dello Zurlo feci ricerche sulla fine dello Zurlo recandomi appositamente al Comando di Teolo ed ivi appresi che lo Zurlo era già stato avviato per la Germania. Con me vi era il Segato. Pertanto io non ho partecipato in alcun modo all’arresto dello Zurlo, ma sono intervenuto soltanto come ho già detto. Io non so se sia vivo o morto. Ho appreso soltanto allora che era stato deportato in Germania: ciò che fu ripetuto anche alla Zurlo da due tedeschi, ma la stessa ebbe poi a riconoscere durante le indagini a Cittadella in presenza del Simonetto. Le due automobili Fiat 1500 e 500 della Bortignon Inglese Teresa sono state requisite da parte dei tedeschi del Comando di Borgoricco. La spedizione era comandata da un sottufficiale tedesco e fu ordinata dal Capitano Schnele, il quale mi fornì di uno schizzo dal quale risultava il luogo dove erano nascoste. Le due macchine non erano denunciate. La signora non fece e non poté fare alcuna obiezione perché vedendo le leggi allora vigenti il possesso delle due macchine e relative gomme era assolutamente irregolare. Le gomme erano state nascoste in altro posto ove furono rinvenute da indicazioni dell’agente che appena fatto salire in macchina per essere accompagnato al Comando preferì dire dove si trovavano: nessuna minaccia e violenza venne usata. Nulla mi consta circa una seconda visita di tedeschi nella quale il Bordignon sarebbe stato percosso. Non conosco il Leso e non so chi sia e non ho avuto mai alcun rapporto con lui. Io in quel tempo – novembre del 43 – prestavo servizio la Feldgendarmerie di Porta S. Giovanni (Cappellozza). Respingo qualunque imputazione relativa alle perquisizioni e all’arresto del Soranzo e del Gomiero, fatti avvenuti in Albignasego nella fine del 1943, perché non vi ho partecipato e nulla ne so. Per il fatto di Lozzo Atestino anziché essermi fatte delle imputazioni, mi sarebbe dovuta della riconoscenza. Spiego meglio: a seguito di un apposito servizio di informazioni i tedeschi avevano accertato che in particolare la canonica costituiva centro di raccolta e di smistamento di prigionieri inglesi e pertanto fu disposta ed eseguita una azione di sorpresa da parte dei tedeschi, alla quale io non partecipai altro che intervenendo in un secondo momento come autista di un capitano tedesco. Non sono entrato in alcuna casa né in particolare nella canonica, ma soltanto nell’osteria del Marchetto. Non è vero che abbia percosso alcuno in quale soltanto ammetto di avere successivamente dato due schiaffi al Bernardi appena portato in caserma al gruppo Cappellozza. Per quanto io non abbia partecipato tengo a precisare che nella spedizione di Lozzo, non furono commesse (?) tutte le violenze e le intimidazioni che mi contestate eppure state esposte dai testimoni. Quando io arrivai erano già stati arrestati alcuni inglesi trovati nella tranvia di Noventa. Furono arrestati in quel giorno il Marchetti Gino, il don Giuseppe Dalle Fratte e il maresciallo dei Carabinieri, mentre gli accompagnatori degli inglesi furono arrestati più tardi dai Carabinieri per ordine della Feldgendarmerie. E’ stato mercè la mia intercessione presso il capitano tedesco Deutschel che tutti furono senza altre conseguenze rilasciati dopo circa un mese. Circa gli arresti del Molinari e di altri tre avvenuta a Limena la sera del 7.XI.44 io vi ho partecipato senza sapere inizialmente di che cosa si trattasse perché richiesto ai sottufficiali del comando di Polizia Militare Tedesca di Teolo. Assieme a me vi erano e vennero il Mazzon ed il Segato. Giunti a Limena il Mazzon rimase, anzi assieme al Segato andò a chiamare un suo parente. Tornati con costui che non so chi sia e che non saprei riconoscere, il Mazzon rimase a guardare alle due macchine mentre che sottufficiali tedeschi ed io ed il Segato ci inviammo per una stradella. Entrammo quindi in una casa che fu additata dal parente del Mazzon, il quale poi senz’altro si allontanò. Entrarono dapprima i due tedeschi che si trovarono di fronte ad una persona armata di pistola e bombe a mano. Ammanettato costui fui fato entrare anch’io con l’ordine di sorvegliare l’arrestato. Entrò quindi di corsa un forghere (?) che fu pure trovato armato e fu quindi arrestato; poi i due tedeschi uscirono e rientrarono poco dopo con due persone una delle quali soltanto trovata armata. Il Segato frattanto era sempre rimasto fuori, ed entrò soltanto al rumore di una colluttazione tra il maresciallo tedesco e il disarmato. Soltanto costui fu percosso durante tale colluttazione, e soltanto dai tedeschi. I quattro arrestati furono quindi condotti in questa casa di pena ed altro io non so, soltanto che quello che era armato dei quattro è stato successivamente rilasciato. Mentre ci avviavamo sulla stradella, io avevo chiesto dove si andava e dai tedeschi mi fu risposto con le parole “prendere un bandito”. Anche per quanto riguarda il fatto in danno dell’Amodeo la mia attività si è limitata a seguire con altra macchina i tedeschi sempre del Comando di Polizia di Teolo, per ordine degli stessi. La casa dell’amodeo fu indicata da certo Riva Luigi ai Tedeschi. Il Riva che era coi tedeschi dopo dato l’indicazione si allontanò. Fu rinvenuto un rilevante quantitativo di stoffe, mi pare circa 40 pezze per le quali l’Amodeo non seppe dare alcuna giustificazione. Non aveva fatture, né registri, né documenti d’assegnazione e d’altra parte si trattava di tutta merce autarchica. Fu rinvenuto anche un involto contenente alcune centinaia di biglietti da mille per una somma però sicuramente superiore a mezzo milione. I tedeschi sequestrarono tutto ed arrestarono l’Amodeo. Che fine abbia fatto io denaro io non lo so. Le stoffe furono poi rimesse al normale consumo a mezzo dell’ufficio regolanza (?) prezzi. Poiché tutte le stoffe non poterono essere portate via dalle due automobili, fu mandato a chiamare un camion tedesco ed io fui licenziato e me ne andai prima della partenza del camion e della macchina dei tedeschi che portarono via anche l’Amodeo. Della valigia e delle altre cose dello Scapin io nulla so. Infine in ordine agli arresti del Compagnin del Dal Toro, del Ravetto e del Maritan mentre escludo di aver mai avuto a che fare coi primi tre, ammetto soltanto che un giorno, poco dopo l’8.IX.1943, mentre prestavo ancora servizio nella milizia stradale, essendo entrando nel caffè Italia, una persona che non conoscevo, alzando le maniche della giacca e guardandomi male: “Anche questo uno di questi giorni gliela facciamo pagare”. Io mi gli avvicinai chiedendogli spiegazioni. Quegli allora fece l’atto di portare una mano alla tasca posteriore dei pantaloni ed io temendo che fosse armato lo prevenni e a mia volta posi la mano nella rivoltella senza estrarla dal fodero. Poi gli ingiunsi di venire in Caserma ove gli diedi due schiaffi invitandolo a reagire se lo riteneva. Intervenne però il collega Artusi che si interpose e ci fece subito riconciliare tanto che ci recammo a bere insieme. Altro non ho da dire. L.C.sott. Di Velo Ascanio